venerdì 9 agosto 2013

Tra beffa e fiducia: come fare male con un soffio [Sciuscià]

Il cinema serve a ricordarci che siamo stati bambini.

E che nemmeno da bambini la guerra può mai diventare una favola. Ma ti colpisce come la lingua infuocata di un drago, quando pensi di aver visto una creatura meravigliosa ed invece ti regala la morte.

Nella napoli arrugginita dalla guerra Sciuscià era il nome dato ai ragazzini che si guadagnavano la vita lustrando le scarpe, facendo la vita di strada. Il termine proviene dall'inglese shoe-shine, lustrascarpe.

Le immagini ti aiutano a dare forma a cose che il cuore non può capire: dopo la guerra un'altra guerra vede come protagonisti bambini travestiti da uomini che lottano per conservare qualche piccolo sogno prima che venga inghiottito dalla violenza della vita. De Sica, prima di Pasolini, ti costringe ad abbandonare ogni certezza. L'incanto cambia stanza e si chiudono tutte le porte.

La guerra era finita ma la gloria stentava ad arrivare. Il clima di sopravvivenza costringeva tutti nella città/campo di battaglia. Pure l'infanzia era turbata in una corsa logorante: i padri morti o prigionieri e le mamme ed i fratelli da sfamare.

La scena del direttore del riformatorio che chiede ad uno dei ragazzi come mai si trovava lì: "Mio padre è prigioniero in Birmania e io ho rubato per mantenere la mia famiglia". Un'Italia sconfitta ma senza vergogna, non le manca il coraggio di chiudere in una cella uno sciuscià, un ragazzino la cui unica colpa è la fame. La speranza c'era ma non era sostenuta, dall'altra parte, dalla pietà.

La prima beffa è quella delle finte percosse impartite a Giuseppe e che spingono Pasquale a parlare, a fare la spia.
La seconda beffa sono le percosse reali ricevute da Pasquale in seguito al ritrovamento di una lametta nel suo materasso/prigione.

Da fuori alcuni dei carnefici si preoccupano di mandare ai due sfortunati un pacco di viveri "perché l'esperienza del carcere non sia troppo dura. Da bambini, se non la si vive bene, può creare danni permanenti".

Dopo la doppia beffa i due amici, che la violenza ha trasformato in nemici, si incontrano nuovamente. Pasquale impazzito mentre Giuseppe conserva ancora un po' di tenerezza, la tenerezza che lo porterà a dare fiducia all'amico e a non scappare. Una fiducia fredda come la morte: spettatore il loro cavallo. L'infanzia che non c'è più. La povertà e la crudeltà che hanno trasformato l'innocenza in bestialità.

Pasquale non voleva ma è bastato un soffio ed anche Giuseppe non c'è più.




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