lunedì 19 agosto 2013

Le donne nella città di Fellini o Fellini nella città delle donne?

Un altro film stile Otto e mezzo che mette al centro della narrazione l'esperienza personale di un regista che tra sogno e realtà si lascia conoscere, quasi senza veli, senza timidezza.

Un regista estroverso è Fellini e dalle finestre che apre sulla sua vita io mi affaccio volentieri ad afferrare storie, ricordi, passioni, manie che mie non sono ma che addolciscono le mie giornate cullandomi e sorprendendomi... e dopo un po' anche a me sembra soffrire della stessa patologia in cui la donna è allo stesso tempo causa del morbo e medicina.


Di La città delle donne meritano innanzitutto una citazione le locandine create da Andrea Pazienza: la sua presenza come illustratore in quest'opera anticipa il carattere trasgressivo del film!




Il film può essere sicuramente scomposto i frammenti ed il primo, quello in cui Marcello/Snaporaz si ritrova ad un convegno femminista dell'epoca, è sicuramente quello storicamente e socialmente più interessante. Qui uno spezzone accompagnato dalle note dell'irresistibile canzone Una donna senza uomo è... scritta da Meri Lao, che in un'intervista così racconta la sua esperienza con Fellini per questo film:
"Ho lavorato quasi un anno con lui sui miti femminili, ed è forse per questo motivo che il mio primo libro delle Sirene l'ho dedicato: a Federico Fellini, che mostra e mostrifica, Sirena egli stesso. Allora ero ancora scema: lo si vede dalla sigaretta. Avevo 49 anni. Per il film ho scritto parte dei testi delle femministe, una scena di danza e vocalità e la canzone leit-motiv del film "Una donna senza uomo" , un tango-congo che ho tradotto in sei lingue, portoghese compreso! Bello sarebbe pubblicarlo, no?"
Un susseguirsi di rappresentazioni della donna che le femministe combattono attraverso una serie di riti esorcizzanti stravaganti, come quello di "Una gaudiosa giornata di una casalinga". I cartelloni alzati gridano "tutte le donne son belle" ed in questa scena sfila davanti ai nostri occhi l'immagine di una donna moderna desiderosa di libertà e decisa ma allo stesso tempo intrappolata in un'ostinata lotta contro gli uomini che ne minaccia la bellezza (monologo della donna che conduce Snaporaz al convegno e che dopo averlo ammaliato, lo ridicolizza e accusa davanti a tutte le altre donne).


Anche se queste scene sono state molto criticate in quanto rischiano di banalizzare l'esperienza femminista italiana, Fellini ha sicuramente il merito di aver portato nel cinema la donna come universo da conoscere e capire, nonostante molto spesso si ammetta che per gli uomini la comprensione totale della donna non possa mai avvenire. Due mondi diversi, non opposti, ma la cui attrazione reciproca è fortissima. E lo stesso regista era prigioniero di questa attrazione: sicuramente non è un segreto.

Comunque debbo a questa pellicola il mio incontro con Meri Lao, artista che non vedo l'ora di approfondire. Mi appunto qui qualche altro cenno su di lei e sul suo contributo a questo film:
A partire dagli anni ’70, l’appassionata poliedricità di Meri si concentra su temi legati alle donne; nel 1976 fa scalpore il suo Musica strega. Per la ricerca di una dimensione femminile nella musica, ritenuto il primo gender’s study in materia. E sarà proprio un suo laboratorio di vocalità femminile legata al gesto ad attirare l’attenzione di Federico Fellini, allora in cerca di “femmine mostruose” per La città delle donne. L’amicizia con Fellini (che userà la sua canzone Una donna senza uomo come elemento drammaturgico scatenante una nota sequenza) ha su Meri un forte valore maieutico: la porta infatti a interpretare se stessa in una scena del film e la stimola al contempo ad avviare quella ricerca sulle Sirene di cui è oggi una delle maggiori esperte mondiali. Ecco spiegato perché, pubblicato nel 1985, Le Sirene (da Omero ai pompieri) porta la dedica «A Federico Fellini, mostro che mostra e mostrifica, Sirena egli stesso» Da: Enciclopedia delle donne.
Passiamo al secondo frammento: eh già a pensarci bene questo è quasi un film ad episodi! Snaporaz incontra delle "pericolose" ragazze che sono tutto il contrario delle prime: mentre le femministe lottano contro il potere maschile sulle loro vite, le seconde si fanno uomini! Possono essere definite delle ragazze punk ed adottano i linguaggi e gli stereotipi solitamente attribuiti proprio all'universo maschile. Snaporaz fugge spaventato cercando riparo nel tempio fallocentrico di Katzone fatto di donne oggetto e barocche rappresentazioni della sessualità. Scene indimenticabili anche in questo episodio, in particolare mi riferisco alla galleria di immagini e voci di donne che amoreggiano con Katzone... ma ecco, non è che sia così facile da descrivere: va assolutamente visto! Per chi lo volesse analizzare c'è del buon materiale qui.


Alla fine Snaporaz si ritrova in un tribunale dove viene accusato di diversi reati che in realtà esprimono le difficoltà del regista e degli uomini nei confronti delle mutazioni nel mondo femminile in atto in quegli anni: "Hai mai esplorato la tua parte femminile?".

Sicuramente si tratta di un film che guarda le donne con gli occhi degli uomini ma spesso anche noi donne abbiamo questa colpa. Visto più di 30 anni dopo dall'uscita, in una società in cui il femminismo è sempre meno sentito come necessario, la provocazione che lancia alla società contemporanea è: "oggi noi donne non abbiamo forse accettato ed esaltato tanti di questi stereotipi?".


Non servono esempi a sostegno di questa tesi: un breve sguardo alle immagini ed ai messaggi pubblicati sui mass media possono bene rendere l'idea. Oggi il muro non c'è soltanto tra uomo e donna ma anche tra donna e donna e le donne si guardano tra loro con lo sguardo degli uomini.

Nel frammento finale, prima di arrivare al tribunale, c'è una vastità di materiale per chi voglia conoscere meglio questo regista. Come la celebre scena del bordello corredata da chiappe mastodontiche, elemento ricorrente nella cinematografia di Fellini.






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