martedì 31 dicembre 2013

Viaggio nel presepe vivente (e recitato) di Sant'Andrea Apostolo Dello Ionio, Calabria

Siamo in Calabria, tra la provincia di Reggio e quella di Catanzaro. Da queste parti la mattina di Capodanno molti paesini hanno l'usanza di portare il Bambinello, o "Bambinuzzu", in giro per le case, spesso accompagnato dalle musica di Zampogna. Questo già la dice lunga sul radicamento di tradizioni e magie che altrove non resistono più.

Durante le vacanze natalizie a Monasterace, mi è capitata una bellissima coincidenza che mi ha fatto scoprire una manifestazione di folklore e devozione davvero emozionante. La Serendipità mi ha colpito a Sant'Andrea Apostolo Dello Ionio, precisamente il 30 Dicembre, dove da due anni si organizza un percorso tra le vie e le viuzze del borgo antico, in cui i paesani si trasformano in figuranti mettendo in scena un presepe coinvolgente che unisce tradizione religiosa e tradizione del territorio. Il risultato è un'interessante commistione di storie conosciute, quelle del Vangelo, e storie sconosciute, quelle del paese di Sant'Andrea e dello spirito calabrese di queste zone, in una cornice che è sicuramente corretto definire teatrale.



Sant'Andrea Apostolo dello Ionio è un comune della provincia di Catanzaro che conta poco più di 2000 abitanti. Sulla strada che porta da Monasterace a Soverato, lo noterete trionfare posizionato molto in alto. Appena ho scorto questo paesino arroccato, ho desiderato subito visitarlo e il caso a voluto che ci fosse il Presepe Vivente che adesso tramite alcune foto e qualche didascalia tenterò di raccontarvi.

Ma prima ancora qualche informazione tecnica: l'edizione del 2012 di questo presepe è stata vincitrice del miglior presepe vivente d'Italia e la regia è stata affidata, sia nella passata edizione che in quest'ultima, a Rocco Chinnici.



Il tema del 2013 è Il sogno di Maria ragion per cui il percorso alterna visione e realtà, in una sequenza temporale che riproduce inquietudini di madre e ricordi dell'infanzia di Maria. Parlavo prima di cornice teatrale per evidenziare il fatto che questo presepe vivente non è affatto statico e silenzioso ma è recitato e cantato, anche con una certa enfasi! 


Piccoli quadretti della vita di un tempo nei borghi calabresi si intrecciano con la storia di Gesù raccontata da Maria. Le emozioni di una mamma insieme a quelle di una donna, semplice ma allo stesso tempo straordinaria. Come tutte le mamme.


La struttura del percorso conferisce significato a tutta la narrazione: non è la ragione a scandire gli avvenimenti ma sono le passioni. Anche di un Giuda che non vuole il perdono di Dio e che recita con fermezza il suo rifiuto di fronte all'assoluzione.


"E tu ce l'hai un fatticello da raccontare?" chiede l'anziano alla bimba, dopo aver raccontato la sua entusiasmante storia. Questa è la mia scena preferita.


Il percorso non sarebbe stato così suggestivo se fossero mancate la serietà ed il rigore da parte degli organizzatori e dei figuranti. Le visite si svolgevano a piccoli gruppi ed era vietato parlare sia con gli altri membri del gruppo, sia con i figuranti. Tutto si svolgeva nel rispetto della scena e delle musiche, esigendo il silenzio degli spettatori, proprio come a teatro.


Questo anno le scene che hanno formato il presepe sono state 70. Quella dell'Ultima Cena è la più popolosa. Ho adorato la presenza dell'albero che impedisce allo sguardo di andare oltre la scena, chiudendola in questo terrazzo ricoperto di fieno. 



Scene più elaborate si alternavano a scene più semplici, creando attesa e sorpresa.




L'aspetto più affascinante è quello folkloristico che si esprime con la rappresentazione di momenti e tradizioni della vita del posto: dalla preparazione del pane, a quella del sapone e di altri prodotti tipici del posto, come le zeppole. Praticamente un piccolo museo delle arti e dei mestieri della Calabria di un tempo ma anche di quella di oggi. Magari cambia qualche strumento che diventa più comodo, più semplice, ma i prodotti, la cura e la passione con la quale vengono realizzati, rimangono gli stessi.


La costruzione delle botti.


La ricotta.


Il falegname.


I bracieri di una volta.


Il calzolaio e la sua bottega.


Pane e ciambelle.


Le mitiche zeppole (assolutamente da assaggiare!).


Il bucato.


Il sapone, stregonerie sia da vedere che da annusare.


Lavorare il ferro.


La bancarella del pesce.


Ricamo e canzoni dialettali.


Mi sono divertita attraversando questa storia e queste stradine che in calabrese chiameremo "rughe". Ma ancor di più mi sono fatta prendere dell'affiatamento popolare che una simile organizzazione richiede: non credo che sia così semplice mettere su uno spettacolo tanto grande e popoloso. Mi sono fatta rapire dalle voci, quelle candide dei bimbi e quelle calde dei più grandi, che mi cantavano in dialetto le storie che solo quei borghi conoscono. Un paese che mettendo in mostra se stesso, si fa conoscere e conserva la memoria delle proprie tradizioni riportando alla vita oggetti che hanno ancora tante cose da raccontare. Un paese, Sant'Andrea, che mostrando se stesso riesce anche a ricordarti perché esiste il Natale, qual è la grande narrazione che ispira queste feste e che fonda gran parte del mondo occidentale cristiano e cattolico.

Unico link utile che ho trovato è quello della pagina Facebook, se volete scoprire di più potete cominciare da lì.

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