lunedì 9 settembre 2013

Prima, dopo e oltre la legge 150 - Comunicazione Pubblica

Che cosa è stata, che cos'è e cosa dovrebbe diventare la comunicazione pubblica in Italia: appunti sparsi per l'esame di Teoria e tecniche della comunicazione pubblica di Alessandro Rovinetti.



Da studiare un volumetto pieno di opinioni personali dell'autore ma anche di speranze, riflessioni, auguri per una riforma della pubblica amministrazione trainata dalla comunicazione e per la promozione di una nuova cittadinanza che veda pubblico e privato collaborare per il bene comune della società.

Partiamo con una constatazione: la storia della comunicazione pubblica si muove parallelamente a quella della riforma delle PA, dei nuovi diritti dei cittadini e dei cambiamenti culturali e sociali della società. Comunicazione pubblica e pubblica amministrazione devono percorrere il cammino sulla strada del cambiamento insieme, altrimenti le riforme resteranno solo sulla carta e ciò che di buono sarà in grado di proporre la comunicazione verrà screditato dall'inettitudine della PA.

Ma come si rende vincente un processo di comunicazione? Equiparando la comunicazione all'ascolto: comunicare è dare la parola all'altro. Invece di continuare a chiedersi cosa e quando comunicare, è giunta l'ora di domadarsi: Cosa chiedere? Come ascoltare?

Un salto nel passato:

La pubblica amministrazione è stata sempre molto ingessata: la tanto odiata parola "burocrazia" evoca in tutti noi immagini spiacevoli di malfunzionamento, autoreferenzialità e persino corruzione. Solo con le guerre l'amministrazione diventa un po' più flessbile perché legata a specifici obiettivi bellici da raggiungere (mica per favorire il popolo, che siamo matti!).

Nel 1950 Alcide De Gasperi inaugura l'Ufficio per la Riforma dell'Amministrazione, era ormai nota a tutti l'inadeguatezza del sistema burocratico ai cambiamenti della società. Inoltre il fascismo aveva fatto la sua parte per imbrigliare ancora di più le carte.
I settori fondamentali della riforma dell'amministrazione possono essere schematicamente ricondotti ai seguenti temi: l'organizzazione amministrativa; l'ordinamento del personale; l'azione amministrativa e le sue garanzie; la semplificazione e la chiarificazione della legislazione. Treccani
Negli anni '70 la nascita delle regioni mette in moto il decentramento amministrativo e l'affermarsi di un welfare state sempre più solido, pone la PA di fronte a nuove sfide. Negli anni '90 entriamo invece nella fase europea che presenta una nuova visione della PA, visione che porterà alla realizzazione delle più importanti leggi in merito. Quelle che ci interessano anche per le sorti della comunicazione pubblica.

Legge 142 del 1990: ho il diritto di essere informato (e quindi di conoscere).

Il capo 7 si intitola: Azione popolare, diritti d'accesso e di informazione dei cittadini.
4. Il regolamento assicura ai cittadini, singoli e associati, il diritto di accesso agli atti amministrativi e disciplina il rilascio di copie di atti previo pagamento dei soli costi; individua, con norme di organizzazione degli uffici e dei servizi, i responsabili dei procedimenti; detta le norme necessarie per assicurare ai cittadini l'informazione sullo stato degli atti e delle procedure e sull'ordine di esame di domande, progetti e provvedimenti che comunque li riguardino; assicura il diritto dei cittadini di accedere, in generale, alle informazioni di cui è in possesso l'amministrazione.
5. Al fine di rendere effettiva la partecipazione dei cittadini all'attività dell'amministrazione, gli enti locali assicurano l'accesso alle strutture ed ai servizi agli enti, alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni. Handylex.org
Ma è nella legge 241 del 1990 che meglio si affronta il tema della partecipazione e della trasparenza.
L'accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell'attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza. Altalex.com
Dgls 29 del 1993, uno dei più citati nel libro dopo la legge 150, perché pone le basi per la nuova cittadinanza fondata sulla possibilità di decidere (scegliere) del cittadino, che diviene figura centrale, e quindi sul consenso attivo (contro il consenso elettorale). Si parla di cittadinanza moderna in quanto i diritti soggettivi del cittadino possono essere fatti valere anche contro le autorità dello stato.
Si parla di "cittadinanza amministrativa" (Della Cananea) e si comincia a porre l‘attenzione sulla necessità di un vero e proprio "codice" dei rapporti fra cittadini ed amministrazione, ispirato - come notato da Sandulli – a 4 principi: partecipazione, semplificazione, garanzia del cittadino e trasparenza. [...] negli anni si è passati dal cittadino suddito, al cittadino utente e infine siamo arrivati al cittadino cliente: la P.A. si cala sul marciapiede del cittadino e interagisce come un’azienda privata che eroga servizi. Il funzionario pubblico da padrone della decisione di realizzare un atto oppure un altro è diventato erogatore di servizi che vengono richiesti, valutati e premiati. Marco Villani, Formez.it
L'amministrazione è un servizio non più un ufficio e il cittadino è un cliente che va soddisfatto ed è quindi il giudice dell'attività dell'amministrazione. Queste le basi per una richiesta di qualità ed efficienza.
Il decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, all’art.12 (ora art.11 d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165), infatti, istituisce gli URP rispondendo alla duplice esigenza, espressa dalle precedenti leggi n. 241 e n. 142 del 1990, di garantire la trasparenza amministrativa e la qualità dei servizi, e di fornire uno strumento organizzativo adeguato alle esigenze di attuazione delle funzioni di comunicazione istituzionale e contatto con i cittadini. Urp.it
Piccola parentesi: cos'è il Formez? Visto che ogni tanto ne sentiremo parlare...

Il Formez PA è un centro servizi, assistenza, studi e formazione per l'ammodernamento delle P.A. che assume una funzione di supporto delle riforme e di diffusione dell'innovazione amministrativa dei soggetti associati.
Insomma una bella definizione presa dal sito stesso dell'associazione che ci fa capire come questa realtà sia importante, sia come osservatorio che come centro di formazione, per le PA che veramente vogliono cambiare.

Ma perché ho scritto "che veramente vogliono cambiare"? La parola cambiamento è una delle parole chiave del volume di Rovinetti, il motore è la comunicazione. Ed è il reale cambiamento che la legge 150 del 2000 richiede a gran voce.

La comunicazione non va intesa solo come comunicazione verso l'esterno, perciò è una comunicazione che traina il cambiamento influendo sugli stessi principi organizzativi della pubblica amministrazione. (comunicazione interna= elemento di riorganizzazione).
 La comunicazione qui va intesa in maniera nuova: non è propaganda tantomeno pubblicità democratica dei servizi. Si tratta di un processo circolare di ascolto e scambio di informazioni tra enti e tra amministrazioni e cittadini con l'obiettivo di trasformare queste informazioni in azioni per migliorare il sistema pubblico (comunicazione pubblica come cultura e strumento del cambiamento).

Uno dei maggiori meriti, oppure il merito dal quale bisogna partire per cominciare a parlare di questa legge, è quello di aver legittimato la funziona strategica della comunicazione all'interno della PA. Strategica quindi essenziale per l'ottimizzazione dei servizi e l'attuazione delle riforme, non semplice protesi dell'attività dell'amministrazione.

Di conseguenza ne viene valorizzato anche il professionista della comunicazione, che vedremo meglio dopo come si profila e a cosa contribuisce.

"Comunicazione deve sempre far più rima con utile": la ricerca di qualità dei prodotti/servizi si sposa con la centralità del cittadino e le amministrazioni diventano aziende che erogano servizi invece di essere enti che gestiscono procedure. Di nuovo viene ribadita l'importanza di allontanarsi dall'idea di un'amministrazione come ufficio.

La nuova comunicazione dovrà essere attenta ai vari tipi di pubblico, creando messaggi diretti a specifici interlocutori (segmentazione).
"Comunicare tutto a tutti è come non comunicare".

Se volessimo mettere a confronto oggi con ieri, sinteticamente potremmo farlo così:

IERI: controlli, norme, autoconservazione frutto di un'ideologia del monopolio. L'informazione è così gestita come un processo gerarchico.

OGGI: sistema per rendere competitivo il paese, ridurre i costi, migliorare i servizi e portare lo stato all'interno del Mercato e di logiche di scambio. L'informazione è così un processo circolare, oltre che lineare, ed ha l'obiettivo di stabilire una relazione soddisfacente (e paritaria) tra PA e cittadino.

Senza assumere che "parlare e ascoltare hanno lo stesso valore" non ci potrebbe essere comunicazione. E la comunicazione non deve essere un'attività episodica né un'attività delegata all'ufficio stampa che invece si occupa esclusivamente delle relazioni con i media e quindi della cura dell'immagine dell'ente.



Diceva Epiteto (o Talete...): "Gli dei hanno dato agli uomini due orecchie e una bocca per poter ascoltare il doppio e parlare la metà".
Tocca al comunicatore tradurre il linguaggio burocratico (l'Antilingua di Calvino) in una forma comprensibile per i cittadini, le imprese e gli stessi dipendenti pubblici.

Questo atteggiamento segna il passaggio da un modello burocratico, fatto di uffici informazioni e reclami, ad un modello relazionale dove cittadini, imprese ed enti comunicano. L'URP rappresenta in questo senso il momento di contatto più avanzato tra il pubblico ed il privato, le istituzioni e le persone.
Quando il comunicatore si mette dalla parte dell'amministrazione prevale una concenzione burocratica della comunicazione, quando si mette dalla parte del cittadino prevale quella relazionale e la comunicazione diventa un servizio.

Ascolto, accesso e partecipazione sono i prerequisiti per un processo di trasformazione che nasca dal basso.

Le nuove professioni della comunicazione pubblica


Affinché i propositi della legge 150 potessero tradursi in qualcosa di concreto, sono state regolamentate le figure che si occupano della comunicazione pubblica, con l'introduzione della figura del portavoce che vedremo più avanti sarà importante per definire un'autonomia del servizio ai cittadini rispetto alle figure politiche al vertice della comunicazione. Ma ci arriviamo.

La legge 150 riconosce le nuove figure professionali segnando il passaggio fondamentale da una fase artigianale a una fase professionale della comunicazione pubblica. Il discorso sulle nuove figure professionali si intreccia inevitabilmente con quello sulle aree operative.
Provo a schematizzarle...

Comunicazione istituzionale (informazione): verso i media è svolta dall'ufficio stampa, precisamente dalle figure del capo ufficio stampa e dell'addetto che hanno una formazione di tipo giornalistica. Con la legge 150 si distinguono per la prima volta comunicazione politica e comunicazione istituzionale, restituendo così autonomia all'ufficio stampa che non è più al servizio degli amministratori, bensì dell'amministrazione (senza un'influenza partitica). L'ufficio stampa entra quindi all'interno di una strategia aziendale lontana dalle logiche politiche (in teoria)!

Comunicazione esterna: verso i cittadini, le imprese e gli altri enti, viene svolta dagli URP che prevedono le figure del comunicatore pubblico (dirige) e dell'addetto alla comunicazione (front-office e back-office negli Urp, le reti civiche, i call center e le varie tipologie di sportelli).

Comunicazione interna: all'interno di ogni ente, viene sempre svolta dall'URP. La legge 150 sancisce il dove degli enti di svolgerla e la responsabilità dei dipendenti: ma attenzione, si tratta di una comunicazione interna che non deve essere vissuta come piramidale, bensì deve essere lineare. Si comincia a parlare anche all'interno della PA di clerk satisfaction, una componente essenziale per il buon funzionamento di ogni azienda. Dipendenti motivati, che si sentono partecipi e condividono i singoli progetti e la mission aziendale, permettono a quel cambiamento tanto auspicato di accelerare. Una comunicazione interna di tipo sostanziale (diversa da quella formale/burocratica) permetterà il miglioramento anche della comunicazione esterna con un vantaggio anche economico per l'Ente.
L'attenzione non va più diretta solamente alle risorse finanziarie ma soprattutto a quelle umane. Questa è la vera comunicazione integrata che porta coerenza tra la comunicazione interna e quella esterna dando forma ad una comunicazione integrata che sarà sinonimo di relazioni sempre più efficaci e soddisfacenti sia per il pubblico che per il privato.

Comunicazione politica: qui entra in gioco la nuova figura del portavoce che deve avere una relazione fiduciaria con il vertice dell'Ente di cui dovrà sapere comunicare scelte, orientamenti e strategie.

Comunicazione sociale.

I 3 personaggi - URP, ufficio stampa e portavoce - realizzano una comunicazione integrata tramite il coordinamento, che non è un altro personaggio ma è un principio organizzativo che chiama tutti alla collaborazione.
Prima della legge 150 veniva riconosciuto un chiaro ruolo unicamente all'Ufficio Stampa e quindi i giornalisti venivano considerati gli unici professionisti dell'informazione. Adesso invece, con l'introduzione della comunicazione come elemento qualificante della PA, le funzioni si moltiplicano (mass media, cittadini e imprese, interna e politica) e così anche le figure professionali - stando sempre attenti  a non innescare nuove logiche di corporativismo!
Inoltre si sottolinea l'importanza della responsabilità sociale per il professionista della comunicazione, responsabilità di rendere la propria azione utile ai fini della collettività nel rispetto della trasparenza e dei nuovi diritti del cittadino (codice etico).

La professione del comunicatore è così destinata ad arricchirsi di molte specializzazioni, a partire dalle varianti dettate dalle diverse competenze richieste da back-office e front-office.

URP


L'URP non è solo un ufficio ma un complesso sistema di comunicazione, dove comunicare vale a dire erogare un servizio che è motivato non solo dai doveri dell'amministrazione ma anche dall'ascolto del cittadino. Allo stesso tempo è una struttura ed un sistema che segna il passaggio dall'informazione alla comunicazione; con il fine ultimo di realizzare una comunicazione integrata capace di dare piena soddisfazione ai diritti di cittadinanza.
Un URP che non voglia ridursi ad un banale ufficio informazioni, o peggio, ad un ufficio reclami deve attivare le proprie funzioni secondo le norme vigenti (Dlgs 29 del 1993 e Legge 150 del 2000). Ma per farlo occorre che l’intera organizzazione sia ripensata e resa funzionale per confrontarsi con la gente e garantire servizi di qualità. L’URP, in sintesi, è una struttura che non può vivere in modo autonomo o avulsa dal contesto politico amministrativo del proprio Ente. Per cui il problema non è quanti URP non sono stati ancora realizzati, ma quanta volontà di dialogare alla pari, di conoscere e far conoscere, di ascoltare e interpretare attese e bisogni, le singole amministrazioni esprimono. Intervista ad A. Rovinetti
Il ruolo dell'URP è quello di garantire al cittadino l'accesso alle informazioni e di permettere l'attuazione delle normative, raccogliendo i feedback sui servizi e rendendo possibile il miglioramento del sistema pubblico. L'URP si farà carico di rispondere, di rilevare nuovi bisogni e di validare le scelte dell'amministrazione e dell'URP stesso, in un processo circolare che vede le informazioni passare dall'URP al cittadino, dal cittadino all'URP, dall'URP all'amministrazione e di nuovo dall'URP al cittadino (comunicazione).

La questione degli sportelli è forse la più intricata se vogliamo scendere in profondità ma la più semplice se ci accontentiamo di fermarci all'idea che la supporta: sportelli per le imprese, sportelli polifunzionali fino ad arrivare alle nuove frontiere dello sportello unico e dell'e-government. Con lo sportello unico l'URP cesserà di esistere perché verranno meno i motivi che l'hanno posto in essere...

Sarebbe sbagliato considerare l'URP come la conclusione di un processo di riforma mentre rappresenta un punto di partenza, propulsore e coordinatore, del cambiamento.

Piano di comunicazione


Questa è la parte che mi piace di meno perché nel libro viene spiegata molto bene la teoria e poco bene la pratica ed il piano comunicazione lo farei rientrare in questa seconda categoria. Comunque con la legge 150 le amministrazioni hanno il dovere di redigere un piano di comunicazione, da presentare entro il 30 Novembre. Possiamo dividerlo in tre fasi: pianificazione e redazione, implementazione e validazione. Tutti i soggetti della comunicazione pubblica sono coinvolti nella redazione del piano: ufficio stampa, portavoce ed URP.
Intendere il piano di comunicazione nella sua dimensione processuale significa non ridurlo a semplice documento che elenca le azioni comunicative dell’ente, ma pensarlo come un processo che attraversa l’amministrazione, che la coinvolge interamente e la modifica nelle sue modalità organizzative. Urp.it
Nel piano di comunicazione ci saranno anche i progetti di comunicazione pubblicitaria sui mass media e i relativi preventivi.

Collegato al piano di comunicazione è il bilancio le cui due nuove frontiere sono quella sociale e partecipata.

Bilancio sociale: legittimare i costi illustrando i vantaggi sociali ottenuti dal progetto.
Bilancio partecipato: incontri tra amministrazione e cittadini per accogliere pareri e suggerimenti di questi ultimi che poi andranno tradotti in azioni concrete (E-democracy).

Cosa significa il marketing per la PA?


Per molto tempo si è pensato che il marketing (=scambio) fosse inconciliabile con la PA (=monopolio) ma anche i cittadini corrispondono un tributo per ottenere un servizio ed è per questo che il marketing ricopre una funzione strategica anche nel settore pubblico. A differenza del marketing aziendale nel pubblico non si cerca di aumentare la domanda ma di dare visibilità ai servizi e modificare le abitudini di imprese e cittadini.
Una volta che la PA ha riconosciuto un valore al marketing va affrontato anche il tema della Customer Satisfaction che come abbiamo visto prima parte anche dalla comunicazione interna, per poi realizzare la comunicazione integrata. Il reclamo va gestito in maniera intelligente e propositiva: in questo modo si attua un ascolto attivo e si abbandona il territorio della retorica.

La pubblicità nella PA avrà la funzione di:
  • informare su servizi e progetti;
  • modificare le percezioni sull'Ente;
  • modificare comportamenti sociali;
  • illustrare situazioni di urgenza (comunicazione sociale).
La pubblicità della PA dovrà essere credibile altrimenti deluderà le aspettative del pubblico.
Per le campagne di comunicazione della PA il guadagno è rappresentato dal risparmio che si ottiene quando pubblico e privato collaborano per obiettivi comuni e utili.

La cornice tecnologica


Internet non rappresenta semplicemente uno strumento in più ma va ad incidere sull'organizzazione delle PA. Ad esempio può rappresentare il passaggio (se ben utilizzato) da informare i cittadini ad informare il cittadino, da erogare servizi per tutti a rispondere a bisogni personalizzati.

L'E-government non è solo un'amministrazione tecnologizzata ma un processo (culturale, organizzativo, tecnologico) di informatizzazione della PA finalizzata a migliorare i servizi ottimizzando il lavoro. La tecnologia non è la soluzione a tutti i problemi ma un elemento che va ad integrare le strategie di cambiamento, agevolando processi di collaborazione che prima erano impensabili. Inoltre costringe gli enti a dialogare tra loro per fornire dei prodotti unici: meraviglia o utopia?

Alcune delle difficoltà che si riscontrano quando si tenta di integrare in maniera efficace la tecnologia all'interno del sistema pubblico sono le seguenti:
  • rigidità delle politiche della PA;
  • norme sulla privacy;
  • divario digitale;
  • carenza di finanziamenti;
  • alfabetizzazione.
Le Reti civiche sono esperimenti interessanti di dialogo tra cittadini e amministrazioni attraverso servizi telematici: un elemento che le contraddistingue è il contributo del cittadino. 

E l'Europa?


Anche l'Europa, o meglio sarebbe dire l'Europa in primis, riconosce la comunicazione e l'informazione pubblica come un elemento indispensabile per il funzionamento del mercato interno. Una comunicazione efficace permetterà alle imprese di affrontare le sfide economiche e ridurre lo svantaggio competitivo (Libro verde).
Il progetto è quello di creare una sfera pubblica europea che affianchi quelle nazionali: educazione civica per il cittadino e riduzione del digital divide (Libro bianco). 

Mi piace concludere questi appunti con una frase simpatica che riassume al tempo stesso le difficoltà ma anche la portata innovativa dei progetti legati alla comunicazione pubblica: "nella pubblica amministrazione, l'innovazione è una disobbedienza riuscita".

Il futuro della comunicazione


Il rischio peggiore in cui può incorrere la comunicazione pubblica è quello di cadere in un'inerzia imitativa: non bisogna modellare la disciplina secondo le forme praticate nei sistemi aziendali e commerciali perché ha una propria specificità.
Nel sistema pubblico la domanda "quanto ho venduto" va sostituita alla domanda "quanto ho cambiato".

La comunicazione pubblica non è il giornalismo, non è la pubblicità, non è il marketing non sono le pubbliche relazioni: anche se i professionisti chiamati a gestirla debbono avere una conoscenza di queste ed altre discipline.

Il perno tra la riforma dell'amministrazione e la comunicazione pubblica è il contenuto.


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